A leggere quelle parole che lui stesso gli ha dedicato, ancora si lascia sfuggire una lacrima. Ninì parla di suo padre come un discepolo parla del suo mentore, ma soprattutto come chi deve tutto a un percorso di vita straordinario nella sua semplicità.
Così nasce il vino “D’Arcangelo”, il vino della memoria. “Vinificando gelosamente la Malvasia Nera in purezza creava il nettare destinato a lui e ai suoi cari, che s’incontrava sia nelle fredde sere d’inverno che nelle notti calde d’estate, innaffiando con il suo generoso profumo ogni pietanza giungesse sul desco”.
Poesia che nel ricordo si trasforma in sole sulla pelle e giornate intere a prendersi cura del vitigno più amato. Il padre dell’azienda rispettava con orgoglio e dedizione la Malvasia Nera e le sue potenzialità, vinificata secondo tradizione, donata nelle sembianze di nettare scuro ai palati che più sono legati a quello che era un tempo il lavoro tra le vigne.
Arcangelo era di poche parole, duro con se stesso prima che con chiunque altro, ma il cuore che gli batteva in petto aveva il colore che ha questo vino. Non c’era altro sapore che gli donasse più piacere di quello della Malvasia. Forse ne conosceva fin troppo le difficoltà nel seguirne il processo, dalla nascita alle botti. O forse semplicemente perché era ciò che più lo caratterizzava, corposo, non per tutti.
Il “D’Arcangelo” rosso è una corda ruvida e bella che lega il presente con doppio nodo a un passato che vive ancora oggi, ogni giorno, nel fervore di un lavoro che sporca le mani fino a ferirle e le lava solo con il pianto della commozione nel pensare al modo originale, allora non sempre comprensibile, con cui Arcangelo, artigiano prima ancora che vinattiere, ha lasciato che Ninì carpisse i segreti del mestiere e si innamorasse perdutamente di una signora meravigliosa, chiamata uva.