Ninì Palamà Bianco
A
mio padre, gli schiaffi che ho preso e gli insegnamenti che mi ha dato. A una passione che ho ereditato a suon di rimproveri, tra sorrisi rubati e fatica ripagata dalla soddisfazione. A lui dedico queso vino, il mio primo.
Michele Palamà
Vitigno
Verdeca
Bottiglia: 70 GL Raccolta vetro
Tappo: 51 FOR (sughero) Raccolta indifferenziata
Capsula: C/90 ALU Raccolta alluminio
Le etichette apposte in fronte e retro bottiglie non sono soggette a smaltimento separato dalla bottiglia in vetro.
Per una corretta raccolta differenziata, segui le indicazioni del tuo Comune



Caratteristiche e curiosità
by Fabio Scarpitti, campione italiano Sommelier
Tutta la linea “Ninì” è stata ideata e vinificata da Michele, figlio di Ninì Palamà, un ragazzo con una passione incredibile, tanta voglia di fare e grande competenza enologica. In sostanza, Michele ha inaugurato un nuovo modo di bere vini del Salento, uscendo da quelli che sono gli schemi della tradizione e conferendogli un carattere più internazionale, senza però snaturare o cambiare i vitigni tradizionali (quindi, niente Chardonnay o Cabernet, ma solo ed esclusivamente Verdeca, Primitivo, Negroamaro…). Come si vedrà, il risultato è frutto di uno stravolgimento delle tecniche di vinificazione ed affinamento. Per quanto riguarda, nello specifico, la Verdeca, è un vitigno autoctono che deve il suo nome alla colorazione verdognola degli acini; qualcuno lo collega al portoghese Alvarinho, coltivato nella zona del così detto “vinho verde”. È molto probabile invece che sia originaria della Grecia, così come l’albarino coltivato in Galizia. La fermentazione avviene in acciaio inox a temperatura controllata (10°C) previo eliminazione delle vinacce. I lieviti sono selezionati, al fine di estrarre la maggior quantità possibile di esteri fruttati e varietali tipici della Verdeca. La cosa però si fa interessante verso la parte finale della fermentazione, quando il vino raggiunge una certa gradazione alcolica (10% vol.) e viene spostato nelle barriques, dove si acclima per mezzo di un aumento di temperatura e, grazie ad un inoculo di batteri lattici e saccaromyces, prima termina la fermentazione e subito dopo inizia la malolattica (procedimento che trasforma l’acido malico, più acerbo e spigoloso, in acido lattico, meno aggressivo), rendendo il vino più vellutato e rotondo. Questa fermentazione avviene per mezzo di particolari batteri detti Oenococcusoeni, che lavorano al meglio tra i 20 e i 22°C. Nei vini bianchi, la malolattica tende a far diminuire i profumi originati dagli esteri e quindi le sensazioni fruttate, favorendo la formazione di fenoli volatili; in sostanza sentori che vanno dalle spezie alla vaniglia, all’affumicato finanche a note burrose causate dal diacetile formatosi dalla degradazione dell’acido citrico. Inoltre, sempre con la malolattica, si formano precursori aromatici come terpeni e beta-damascenone, che lo arricchiscono in fase evolutiva di sensazioni floreali, erbe aromatiche e frutti gialli esotici.
Il Ninì rimane nelle barriques per 60 giorni e non subisce nessun tipo di bâtonnage (rimescolamento con le fecce nobili) per non sporcarlo olfattivamente e gustativamente: infatti, i sedimenti derivanti dalle fermentazioni alcolica e malolattica non sono per nulla nobili, ma anzi sono assimilabili a veri e propri “escrementi” , che andranno successivamente separati per chiarifica prima di procedere all’imbottigliamento. Le barriques in questione sono di rovere americano, poco tostate e poco porose. Ma veniamo ora alla degustazione. Faccio una premessa: utilizzando una metafora, la Verdeca di Michele è assimilabile ad un capo d’abbigliamento di taglia XXL, ovvero “veste” decisamente grande. È un vino straripante, intenso, esagerato, che quasi stordisce. E dire che stiamo parlando di un vitigno così detto “neutro”, che il grande enologo Luigi Moio definisce “orchestrale”, dove l’odore è il risultato di un fragile e complesso equilibrio tra diverse molecole, tra le quali anche quelle di origine fermentativa, e diventa riconoscibile anno dopo anno grazie ad una perfetta vinificazione (se così non fosse, avremmo sempre un vino diverso e per nulla riconoscibile con l’annata precedente). Al naso, il Ninì Bianco esprime note fruttate di ananas fresco, banana, limone verde, polpa di pera Williams e lime, ma anche sentori floreali di citronella, calicantus e fiori bianchi di agrume; si aggiungono poi sensazioni intensissime di vaniglia e burro, dovute anche al legno in cui matura. Al palato è secco, bilanciato, con una piacevole freschezza che chiude morbida, mai tagliente, arginata da una buona struttura alcolica. La persistenza è buona, non lunghissima ma sufficiente per riproporci sensazioni tropicali di frutta esotica e vaghi accenni di latte di cocco. In sottofondo, note sapide cercano di arginare in qualche modo l’esuberanza fruttata. In definitiva un vino buonissimo, che costituisce un nuovo modo di intendere la Verdeca e trae dalle sue note morbide e fruttate il suo carattere distintivo. Ma soprattutto, un ottimo inizio per un giovane, promettente enologo. Da provare assolutamente.
Testo di Fabio Scarpitti per Scarpitti Distribuzione snc ©
Abbinamento
Concedetevi un bel viaggio a Sao Tomé e Principe, al largo della costa occidentale dell’Africa, in pieno Oceano Atlantico. In uno dei numerosi ristorantini dell’isola avrete l’opportunità di assaggiare una specialità locale: insalata di polpo e gamberi servita su di un letto di platano fritto e condita con latte di cocco, jacca tagliata a dadini, sale e pepe. Il polpo, così come i gamberi, viene cotto alla piastra o in padella antiaderente, senza nessun tipo di grasso. Ovviamente, sull’isola il vino è pressoché irreperibile e quel poco che c’è è a stento definibile tale. Pertanto, prima di partire abbiate cura di imbarcare almeno una cassa di Ninì Bianco: l’abbinamento con questa perla salentina sarà celestiale.
Testo di Fabio Scarpitti per Scarpitti Distribuzione snc ©
