Patrunale Collezione privata
N elle annate migliori è possibile lasciare pianta a maturare le uve e concentrare in esse ciò che caratterizza la nostra Collezione Privata: grandissima struttura, morbidezza e d’intensità, complessità ed eleganza.
Vitigno
Primitivo
Bottiglia: 71 GL Raccolta vetro
Tappo: 04 LDPE Raccolta plastica
Capsula: 90 C/PVC Raccolta plastica
Le etichette apposte in fronte e retro bottiglie non sono soggette a smaltimento separato dalla bottiglia in vetro.
Per una corretta raccolta differenziata, segui le indicazioni del tuo Comune
Caratteristiche e curiosità
by Fabio Scarpitti, campione italiano Sommelier
Il vitigno del Primitivo risulta essere difficile da coltivare, soffre i periodi di siccità prolungati ma anche l’eccesso di umidità, a causa della compattezza degli acini che, essendo molto vicini tra loro, permettono facilmente la formazione della muffa; al contempo, ha la capacità di concentrare un elevato tenore zuccherino nella polpa e di antociani sulla buccia. La forma di allevamento prediletta è quella ad alberello, un sistema che in Puglia viene utilizzato da secoli.
Il Patrunale di Palamà non fa eccezione: la vigna nasce in contrada Colacune, la parte più alta del comune di Cutrofiano, a ben 137 metri s.l.m.; sovente infatti, in periodo di vendemmia, la squadra di operai capeggiata da Ninì e suo figlio Michele viene equipaggiata di bombole d'ossigeno per sopperire ai mancamenti durante la raccolta. Finora, di questo vino sono state prodotte sole tre annate: la 2012, la 2016 e la 2017. Il cru in questione, perché di questo stiamo parlando, non arriva ad 1 ettaro di estensione (per la precisione 0,90 ha), ha una fittezza d’impianto di 6.000 ceppi e sforna circa 50 quintali di uva da cui si producono 30 hl di vino, corrispondenti a circa 5.000 bottiglie. Le viti hanno un’età di 50 anni sono nate su un suolo limoso, argilloso e sabbioso.
A causa della loro vecchiaia, vengono vendemmiate esattamente 30 giorni dopo tutti gli altri Primitivi, intorno al 10 settembre, a seguito di una surmaturazione in pianta delle uve di almeno 10 giorni, che comporta la degradazione dei carotenoidi presenti sulla buccia che vanno ad arricchire di norisoprenoidi la polpa e parte della cuticula. Se doveste trovarvi nei paraggi in questa fase della vinificazione, assaggiate senza esitare un acino di Primitivo: vi cogliereste già i sapori dell’uva passa, della prugna secca ed altri frutti rossi in confettura rinvenibili nel vino. La fermentazione s’innesca grazie ad una pié de cuvée di lieviti indigeni saccaromiceti estratti dalle fermentazioni dei Primitivi più giovani di altri appezzamenti; tutto avviene in vasche inox a temperature controllate fino a quando, a seguito di 30 giorni di
macerazione sulle bucce, il futuro Patrunale raggiunge i 15 gradi alcolici ed i 15 grammi/litro di zuccheri residui. L’assenza di malolattica (scelta azzeccatissima di Michele Palamà) consente di preservare l’acidità naturale del vino, offrendoci un prodotto per nulla stucchevole o stancante. Tra l’altro, in natura, se non si inoculassero gli Oenococcus, con quella gradazione alcolica non partirebbe mai spontaneamente. La permanenza nelle vasche in inox dura circa 3 mesi, nei quali il vino subisce batonnages e micro-ossigenazioni, dopodiché viene messo in barriques mediamente tostate di rovere della foresta di Allier di 2° e 3° passaggio, che da nuove hanno ospitato il 75 Vendemmie (un altro grande vino della cantina Palamà), con conseguente separazione dalle fecce grossolane. Un anno di riposo è sufficiente, poi si passa all’imbottigliamento e alla permanenza in cantina. Che dire del Patrunale: il colore è emozionante, cupo, fitto; al palato non è secchissimo, quel fondo di “dolcezza” è sopportabile grazie ad una giusta freschezza in acidità e ad una sincera ruvidezza vagamente astrigente originata da quei pochi tannini “frastornati” dalla grande struttura alcolica e glicerica del nostro Primitivo.
È un vino complesso, profondo, polveroso e ricco. Al naso, come da copione, assistiamo ad una sviolinata di piccoli frutti neri che ricordano il succo di mirtillo (2-metilbutanoato) piuttosto che le fragoline di bosco(furaneolo), queste ultime soprattutto in fase retro-gustativa; e poi ancora confetture varie, sempre di ribes nero e mirtilli (etil-2idrossi-4metil-pentanoato) piuttosto che l’uva appassita e la prugna di California secca. Grazie alla tostatura del legno affiorano note di spezie che si alternano tra pepe nero, corteccia di vaniglia e cannella, vaghi sentori fumé, (guaiacoli) e sprazzi di eucalipto (actinidoli). Un autentico vino da manuale, di quelli che non smettereste mai di bere.
Testo di Fabio Scarpitti per Scarpitti Distribuzione snc ©
Abbinamento
Usciti dall’ufficio, fermatevi al quartiere Regola ed entrate nella vostra macelleria di fiducia, dove il vaccinaro (nome che si usava dare agli addetti alla macellazione nel 1300) vi preparerà, su richiesta, una bella coda di bue tagliata a pezzi precisi lungo le giunture (crocchi).
Testo di Fabio Scarpitti per Scarpitti Distribuzione snc ©